Foto di Laura Pellegrino |
Diamante è una
lingua di terra che si protende nel mare. Gli otto km di spiaggia, il mare
cristallino, i fondali incantati in cui regna la Posidonia, conferiscono a
questa cittadina l’appellativo di “perla del Tirreno”, come la definirono Matilde
Serao e Gabriele D’Annunzio. Le sue origini risalgono attorno al 1622, quando
il signore di Belvedere, Tiberio Carafa, che qui possedeva un'azienda agricola
e una residenza estiva, incoraggiò a popolare quella zona e a stabilirvi fissa
dimora. Diamante, così, si popolò dapprima di pescatori provenienti da comunità
limitrofe, poi di borghesi e mercanti campani, e di nobili famiglie di origine
spagnola. Diamante divenne un centro dedito alla pesca e la popolazione
cominciò ad aumentare. Non essendoci un vero e proprio castello, l’abitato si
sviluppò attorno alla Chiesa Madre, un tempo cappella sconsacrata in cui si
venerava San Nicola. Attorno all’abitato vi erano giardini, dove venivano
coltivati agrumi, fichi secchi, cannella e il rinomato “cedro liscio di
Diamante”, varietà esportata in tutto il mondo. Caratteristici sono i vicoli, le
piazzette, le stradine del centro storico, ravvivato dall’iniziativa dei
Murales: era il 1981 quando il maestro Nani Razetti portò a Diamante artisti
nazionali e internazionali per colorare i muri della città. Diamante diventa così
una galleria d’arte a cielo aperto,
grazie agli oltre 180 murales che arricchiscono i diversi angoli del paese. La città dei muri parlanti: muri che raccontano
il secolare rapporto tra l'uomo e il mare, leggende locali e storie vissute, tradizioni
di un Sud che lavora la terra o va per mare, storie di chi emigra portando la propria
terra nel cuore e di chi aspetta, impaziente.
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